Il Segreto Italiano? Per l’ISVI è un’imprenditoria strettamente legata a famiglia e territorio
Qual è segreto italiano? In nostro Paese “ha un sistema anti-impresa con una burocrazia che non garantisce una conduzione corretta delle attività ma piuttosto un’esercitazione di potere paralizzante. Ha un sistema giudiziario macchinoso. Che molto spesso va contro chi ha subito il danno scoraggiando la difesa dei propri diritti con i suoi tempi lunghi ed estremamente incerti. Non ha significative risorse naturali. Né tantomeno locomotive statali capaci di tirare le filiere (…). Come fa allora un paese così a rimanere comunque ancora oggi uno dei più importanti a livello economico e industriale del mondo? Qual è il suo segreto?”.
Si apre così la ricerca dal titolo “Il Segreto Italiano”, voluta dall’ISVI e realizzata attraverso la guida del presidente del comitato scientifico, il professor emerito dell’Università Bocconi Vittorio Coda. Una ricerca che è anche un libro: “Il segreto italiano – Tutto il bello che c’è”, curato dallo stesso Coda e pubblicato da Treccani.
Ma prima di scoprire qual è il “segreto italiano”, vediamo di capire meglio da dove nasce l’esigenza di uno studio di questo tipo.
L’ISVI, il cavalier Arabnia e il segreto italiano
L’ISVI è l’Istituto per i Valori d’Impresa, un’associazione culturale fondata nel 1989 dall’imprenditore e manager Giuseppe Crosti (SNIA Viscosa, Assolombarda, Fiera Milano, etc.) e di cui è attualmente presidente l’imprenditore di origine persiana Ali Reza Arabnia.
Arabnia è attivo in Italia da moltissimi anni ed è presidente e amministratore delegato di Geicofin che, con il gruppo GeicoTaikisha, è uno dei protagonisti mondiali del settore degli impianti industriali di verniciatura per auto.
Ma gli interessi di Arabnia non sono rivolti soltanto all’industria. Nominato Cavaliere del lavoro, è infatti molto attivo nell’ambito sociale, sostenendo giovani e imprenditori attraverso diversi programmi. Il suo sguardo, comunque, è sempre puntato verso il fare, l’intraprendere e il migliorare le condizioni del proprio contesto per favorirne lo sviluppo complessivo.
E proprio in quest’ottica, si è posto la domanda: ma che Paese è questa Italia, in cui sembra che tutto vada storto ma che è da decenni una delle prime dieci potenze industriali del mondo? Una domanda che, grazie anche all’interlocuzione con il professor Coda ha trovato, almeno per ora, una risposta. Ora forse sappiamo qual è il segreto italiano.
Un’Italia dai numeri eccezionali
Secondo la ricerca ISVI, le capacità del Sistema Italia nascono grazie al riuscito trasferimento dei valori portanti della famiglia all’interno delle aziende. Instaurando così la leva della solidarietà reciproca. Difficile da trovare nelle imprese di altri Paesi.
“Le capacità competitive della nostra industria manifatturiera – si legge nella ricerca – nascono dalla validità dei prodotti. Ma anche dalla consapevolezza che gli organi Costituzionali non si preoccupano di migliorare i servizi portanti del Paese. Attraverso questa consapevolezza i leader delle singole imprese sono allenati a risolvere qualsiasi tipo di problema e quando c’è una crisi l’affrontano senza timori”.
Saper condurre l’impresa senza batticuori in momenti di crisi, diventa un fattore competitivo. “E i nostri imprenditori ci riescono per l’allenamento quotidiano finalizzato alla sopravvivenza“. In queste condizioni straordinarie ogni imprenditore sa che deve fare leva su se stesso. E l’allenamento forzato causato dalla mancanza di certezze non li manda ko.
“Le nostre imprese primeggiano sulle cinque principali nazioni dell’Unione Europea, nell’economia circolare che in futuro diventerà la leva più importante delle produzioni”.
I numeri che spiegano il segreto italiano
Partiamo dai numeri: secondo l’Istat, in Italia gli occupati stabilmente sono oltre 23 milioni ed è il livello più alto raggiunto dal gennaio 2004. Il tasso di occupazione che nel primo mese del 2023 ha raggiunto quindi il 60,8%. Secondo la ricerca, però “il vero successo arriva dai dipendenti permanenti: + 64mila sul mese e +464 mila sull’anno”, mentre “diminuiscono invece quelli a termine, rispettivamente -12mila e -47mila”. Il tasso di inattività scende infine al 33,9%.
“Con tutti gli impedimenti che la nostra impresa subisce quotidianamente, il nostro Made in Italy ha prodotto 33 miliardi di volume d’affari. Fornendo lavoro a 400 mila addetti. Il 55% del mercato mondiale dei prodotti di pregio è italiano“.
I nostri numeri sono eccezionali. “Il nostro Paese è classificato il primo al mondo per il saper fare con marchi di qualità al Top. E ha una forte tradizione in tutti i settori merceologici“. Con 270 tonnellate di materiali utilizzati per milione di euro prodotto l’Italia è poi il Paese più efficiente tra gli stati dell’Unione europea nella produzione e nel consumo del materiale riciclato. Secondo solo alla Germania (333 tonnellate).
Uno stretto legame con il territorio
Un altro elemento importante che caratterizza la ricerca voluta da cavalier Arabnia e realizzata con l’ausilio del professor Coda, “è il legame genetico che l’impresa italiana ha con il proprio territorio. Fondamentale per promuovere i valori imprenditoriali promossi da Adriano Olivetti, l’uomo che liberò l’operaio dalla schiavitù dei gesti ripetuti”.
Infatti, conclude la ricerca, il territorio viene considerato dall’imprenditore come composto dai suoi abitanti e dagli altri stakeholder locali. Tra cui fornitori, clienti, associazioni, istituzioni, concorrenti, ecc. E “l’attenzione che l’imprenditore, la sua famiglia e i collaboratori dedicano al territorio genera una cultura territoriale. Che a sua volta stimola l’attenzione e la cura del territorio verso l’impresa. In un circolo virtuoso. Essi, infatti, considerando l’impresa come un bene prezioso ne sostengono la crescita e ricambiano la cura e l’attenzione che ricevono“.
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